C’è una “narrazione” che è nelle corde di Salvatore Magnoni, vignaiolo a Ru- tino, provincia di Salerno. Qualcosa che esprime anche attraverso il secondo nome della sua azienda agricola, Primalaterra. Abbiamo ascoltato la sua storia, che inizia nel 2000, numero tondo come il suo Primalaterra Riserva. “Per me fare un vino naturale significa prima di tutto fare un vino che sappia di qualcosa, che abbia una sua identità, che non sia facilmente riproducibile. Perché ho cominciato ancora non lo so. Seè stato perché sentivo la responsa- bilità di dovermi occupare di una terra che da secoli apparteneva alla famiglia di mio padre, o perché non riuscivo a staccarmi da lei, dalle lunghissime estati della mia infanzia, dai suoi profumi di ginestra.
La terra mi piace, mi piace sporcarmi, affondarci le mani. Mi piace il lavoro fisico, sudare, stancarmi. Cercare l’ombra quando fa caldo e il sole d’inverno. Una sorsata di acqua fresca che ti aspetta alla sommità di un filare e una bella bottiglia di vino contadino nello spacco a mezzogiorno.
È per questo che agli inizi del nuovo millennio ho lasciato la mia vita prece- dente dove vendevo dischi, organizzavo concerti e serate, e mettevo la musica nella mia città-madre, Napoli.
Ho cominciato raccogliendo olive, e non aspettando che cadessero come si usava da queste parti. Intanto, nella vigna di mio padre c’era barbera e sangiovese, secondo le imposizioni di una colonizzazione agronomica. Per cui, appena ho potuto, ho tolto tutto.
Ho impiantato la mia vigna nel 2003, un ettaro, ed un altro l’anno successivo, per un totale di diecimila piante di aglianico, molti cloni e molti portainnesti diversi. Un caos, o come si dice dalle mie parti, ‘nu burdell’.
Ho scelto la sommità di un crinale che si riversa nella valle dell’Alento, guardando verso il Monte Stella, a Sud Ovest, dove fino agli anni 50 c’era ancora una vigna. Tutto in pieno Cilento, nel Comune di Rutino, a circa 370 metri sul livello del mare, che è il Tirreno e che da queste parti bagna posti bellissimi come Pioppi, Acciaroli, Ascea, Agropoli.
È Campania, ma è diversa da tutto il resto. Il Cilento non è una terra vulca- nica. Il suolo è argilloso calcareo, il flysch, con uno scheletro ricco di pietre. Terra durissima, che d’estate si spacca in lunghe fessure. A volte non piove per mesi, e in quelle stagioni l’alcool raggiunge facilmente i 15-16 gradi. Però c’è sempre una buona quantità di acidità totale, e una dolcezza di fondo che relega in secondo piano l’alto tenore alcolico.
È grazie a queste caratteristiche, e alla presenza fondamentale di un corposo corredo tannico antiossidante e vellutato, che mi posso permettere senza troppi problemi di fare un vino senza solfiti aggiunti. In vigna non uso chimica, solo rame e zolfo. Qualche anno faccio il sovescio, qualche altro lascio inerbire e concimo con letame, poi sfalcio con la trincia e con il decespugliatore sotto i filari. Per la forma di allevamento, guyot con doppio sperone orientato senza tagli grossi di ritorno sul fusto principale.