Uomo schivo e legato alla terra, che si considera fortunato di essere nato su grandi terreni per la vite; il merito non se lo prende lui, ma ringrazia suo padre per avergli indicato quali fossero i terreni giusti. Per Josko Gravner lavorare la terra è cosa seria. Dopo 5.000 anni di storia, non c’è niente da inventare nel vino. Ora Josko ha annunciato che si dedicherà prevalentemente a due vitigni autoctoni: la Ribolla e il Pignolo. Il primo è una passione già espressa con le diverse declinazioni del suo ormai storico Anfora, mentre il secondo è una “novità”, iniziata con l’annata 2003, ma proposta al pubblico “solo” dopo un decennio. Puntare solo sui vitigni del territorio è un’esigenza che è maturata negli anni. “Sottrarre per produrre meglio, togliere per fare grandi vini, ridurre per divertirsi di più”: questo quello che sostiene questo vignaiolo tanto inseguito dalle guide. La sua fama crebbe quando dopo la gradinata del 1996, che distrusse circa il 90% delle uve, decise di sperimentare con i pochi ettolitri ottenuti. Lunghe macerazioni sulle bucce, lieviti indigeni, uso minimale della solforosa. Vinifinicò nel 1997 per la prima volta in un’anfora, ottenendo un vino sorprendentemente spontaneo e immediato. Nel 2000 fece un viaggio in Georgia, alle radici della storia del vino, e decise di importarne tradizioni e metodiche in Friuli. Nel 2001 iniziò a vinificare solo in recipienti di terracotta, interrati per 9 mesi, senza controllo di temperatura, né di grado zuccherino. Sostiene che non esistono piccole o grandi annate, ma bassissime rese e un paziente lavoro in vigna portano a grandi risultati. Gravner non segue le mode, tant’è che per essere incluso tra i vignaioli naturali non gli servono timbri. Il rispetto della terra e l’onesta intellettuale sono il suo biglietto da visita.