Dos Tierras, Due Terre. La Sicilia e la Spagna, vicine per storia, per lingua e per costumi.
Gli spagnoli vennero in Sicilia e ne furono sedotti. Come tutti gli altri, del resto. Vi abitarono a lungo, contaminandoci e contaminandosi: profonde e durevoli le tracce del loro passaggio negli assetti urbanistici delle città, nei monumenti, nei palazzi e nelle chiese, nei lasciti spirituali e filosofici, nella letteratura e nel teatro, così come nella lingua, nella cucina, negli stili di vita che permeano, vivi e vegeti dopo molti secoli, la Sicilia di oggi.
Ma soprattutto, gli spagnoli ebbero il merito di riportare le vigne alla terra, e il vino ai siciliani. Le vigne, estese ed operose al tempo dei Greci e dei Romani, prima che gli arabi le scomunicassero per secoli.
A questa lunga storia mi ha fatto pensare Pierpaolo Badalucco quando rac- conta dei regali che la moglie, andalusa di nascita, gli porta dalla Spagna ogni volta che ritorna a casa, in Sicilia: e sono barbatelle, vino e attrezzi per la vigna e per la cantina.
Pierpaolo, che si è innamorato di Beatriz dagli occhi azzurri a Madrid subito dopo la laurea, e tanto ha fatto e tanto ha brigato che alla fine se l’è portata a Petrosino, armato di passione e con un sogno in tasca: piantare vigneti spagnoli in Sicilia, e vedere se la Storia aveva un senso.
In Sicilia ci sono già un uliveto e quattro ettari piantati a grillo e nero d’Avola, che appartengono da generazioni alla famiglia Badalucco.
Ristrutturare i vigneti, dunque, è solo il primo passo. Il secondo è creare, o meglio, ritrovare quell’identità siculo-spagnola che appartiene ad un passato non ancora dimenticato e renderla contemporanea attraverso il matrimonio della terra di Sicilia con il tempranillo, vitigno dal carattere un po’ ruvido e decisamente agricolo.