Cyclope: gigante polifemo, forgiatore di metalli e allevatore, che sulla Montagna viveva ed alla Montagna apparteneva, finché nel vino perdette il senno. Davide Bentivegna ricorda il Ciclope, e Cyclope lo chiamano gli amici, scordando il nome suo e dell’azienda agricola (La Presa). Un ragazzone barbuto che parla di Etna, delle terre nere e sabbiose sciorinate sul fianco del vulcano che guarda a settentrione, terre che si inerpicano fra boschi e muretti a secco dai 450 metri di Mascali e Linguaglossa su fino agli 800 di Santo Spirito a Passopisciaro, e sorride mostrandoti gli alberelli ottuagenari di Nerello Mascalese e Mantellato, gli ulivi di Nocellara, Brandolfina e Coratina, i peri, i fichi d’india, i gelsi neri e bianchi, le mele cola e i cachi. Cyclope è artigiano e contadino: racconta dei frutti sbucciati a mano per dar vita a confetture variopinte e gelatine, delle olive brucate dai rami e frante a freddo, dei grappoli d’uva selezionati con cura e pigiati limitando l’uso dei solfiti ed escludendo ogni altro additivo enologico. Racconta con parole nuove un sapere antico: parole che rivelano un rispetto profondo per lo spirito di questi luoghi incantati e svelano un’agricoltura fatta di uomini e non di macchine, fatta di lavoro e impegno quotidiani e di conoscenze sedimentate nell’anima di un popolo che contende al fuoco la terra, e da questa ricava energia e ragione di vita.