Daccapo. Ricominciare daccapo.
Dopo le porte sbattute in faccia, dopo il dolore di un sogno strappato a forza dalle mani, dopo aver messo in discussione il diritto di esistere. Ricominciare per non dissolversi, per non scomparire, perché il vino è l’unica cosa che sai fare e la vigna è l’unica cosa che abbia un senso e Cerasa è ancora lì, madre e sorella e compagna, con i tendoni di trebbiano da arare, e i filari di perricone da potare, e i tralci di catarratto da intuppare. Ricominciare senza recriminare, perché le cose da fare sono troppe. C’è da rimettere insieme un’azienda, da cercare gli attrezzi, un po’ prestati un po’ regalati un po’ ricomprati, c’è da trovare un posto per farci una cantina, e poi attrezzarla. Presto, perché l’uva non aspetta, ed è già tempo di raccogliere. Francesco ricomincia nel 2012, ricomincia da solo e ricomincia dalla terra, perché tutto può tradirti abbandonarti voltarti le spalle, ma la terra no. La terra è generosa con chi sa ascoltarla, con chi ci mette il cuore, le mani, la testa. Rinascono i suoi vini dalle vigne di Cerasa, e sono vini testardi e indisciplinati, che sfuggono alle categorie. Prendi il trebbiano, per esempio, quello con la T sull’etichetta: che ci fa un trebbiano in Sicilia? Si adatta, si ambienta e si mimetizza e diventa siciliano, siciliano fino al midollo: succhia l’essenza della Sicilia dalle zolle bianche di pietre e nere di humus e calde di sole cocente e ti restituisce nel bicchiere la ristuccia dei campi dopo la trebbiatura, le cotogne, le arance amare. Ti trascina nel cuore della Sicilia, fra le colline selvagge e silenziose ricoperte da fiori di maggio, e ti sfida a riprovarci. Daccapo.