Quando nel 2008 lo scandalo delle presunte frodi al Disciplinare travolse Montalcino, una delle poche cantine unanimemente considerata al di sopra di ogni sospetto fu quella di Marino Colleoni e di “le sante marie”. Il suo Brunello e il suo Rosso di Montalcino lasciavano ben poco spazio al dubbio, per via della purezza espressiva che
li caratterizza e di quella attitudine a farsi testimoni dell’annata oltre che del territorio. Nulla di cui sorprendersi, considerata l’umiltà con la quale questo lombardo emigrato in Toscana si rapporta alle cose e alle persone e la sua avversione nei confronti dei trucchi e delle pratiche che non assecondano il corso della natura. Colleoni è un uomo libero - al punto che non approverà questa definizione - al quale non basta l’apparenza: da qui nascono
la sua consapevolezza e quella necessità di condivisione che ne fanno un sovversivo nel senso pieno del termine, capace di mettersi a fare il viticoltore perché ha scoperto una vigna nel bosco o di presentarsi a una degustazione armato di un mazzo di viole, per spiegare la meraviglia che gli ha regalato la terra.
Il biologico gli va addirittura stretto: “Il nostro obiettivo prossimo è di non usare assolutamente niente. Vorremmo creare un equilibrio naturale dove i “buoni” e i “cattivi” se la sbrighino tra loro”.