A metà viale avevano già deciso che si trattava del posto più bello del mondo. Così, due lombardi che scendono in Umbria, col mito dell’Umbria (come tutti i lombardi, peraltro) e che hanno appena percorso due chilometri e mezzo di strada sterrata, scelgono di cambiare vita. Non possono più fare a meno dell’idea che li ha fulminati arrivando a Preggio. Preggio è un piccolissimo paese arroccato su un colle abitato da 35 persone dentro alla cerchia delle mura (i muraglioni). Ma l’Azienda Agricola Biologica Preggio è in mezzo al nulla, a qualche chilometro dal centro del paese.
Quando i due lombardi ci arrivano l’azienda agricola è abbandonata. Gli ulivi sono invisibili circondati da boschi di querce. I seminativi sono incolti. Bruno ed Elena (quei due lombardi) pensano che trasformeranno quel luogo, che impareranno a conoscerne ogni aspetto, ogni pianta, ogni angolo e ogni prospettiva.
E cominciano a pulire. E si fanno aiutare a pulire, da Guido, da Daniel, da Abderrazak e dal mitico Pasqui, il Maestro.
Per non parlare dell’indispensabile Messaouda e del suo corteo famigliare. E l’indistruttibile Shaban, il domatore di orari.
E quell’angolo di Preggio di cui si sono innamorati prende una forma in cui si riconoscono. E poi, cavalcando visioni, piantano il vigneto, che l’anno dopo, nonostante abbia solo un anno, diventa il vigneto vecchio, perché ne viene piantato un altro pezzettino, il vigneto nuovo. E siccome fino a quel momento le loro decisioni e le loro scelte si sono solo basate sull’entusiasmo e sul “proviamo a fare....?”, decidono che è il momento per capirci un pochino di più e seguono tutti i corsi che possono per capire se stanno facendo bene o male e raddrizzano anche un po’ il tiro e educano l’entusiasmo (o almeno ci provano).Oggi sono qui.
Sono passati quasi 13 anni dal colpo di fulmine.
Quando riescono a sollevare lo sguardo da quello in cui sono impegnati e si guardano intorno continuano a dirsi che questo posto è speciale. In questi 13 anni hanno deciso che a loro piace fare della buona uva, curare gli olivi e fare un buon olio (Elena dice che è il più buono del mondo, e non c’è verso di farle pensare altrimenti), che amano da morire lavorare con le api e raccogliere il miele che producono. Ma soprattutto amano questo posto com’è, che spesso è scarmigliato e che è sempre molto meno in ordine di quello che vorrebbero. Ma che per loro resta il posto più bello del mondo.