Giulio Moriondo ha il fascino dell’at- tore francese un po’ maledetto e la sapienza del saggio. È prima di tutto uno scienziato, un ampelografo, ovvero un biologo specializzato in enologia, autore di numerosi scritti e libri sul vitigno valdostano. Le sue 2.500 bottiglie, più che un prodotto commerciale sono frutto di speri- mentazione e scoperte. Non per nulla a lui si deve la vinificazione del petit rouge in versione appassita (come il Gatta lo raccontava nell’800) e la riscoperta del petit rouge a bacca bianca, esemplare che si pensava fosse scomparso dal vigneto valdo- stano. Visitare la sua micro cantina e stare ad ascoltarlo, questo è il senso dell’incontro: sentirlo parlare è fare il pieno di informazioni e curiosità su quello che è il vino e il vitigno valdo- stano. Ma dal suo dire traspare una conoscenza legata a doppio, triplo filo, alla passione. Perché in fondo lui, così scienziato, è verace e sanguigno, non si nasconde dietro tanti formali- smi. I suoi vini sono piccole chicche dell’enologia valdostana, uno di quei passaggi da cui non si può prescin- dere per provare a cogliere l’essenza (e la storia) della viticoltura in Valle d’Aosta.