La Vrille (il viticcio, letteralmente) è appollaiata sulla montagna, in una frazione di Verrayes. La cantina e l’adiacente agriturismo sono condotti da Hervé Daniel Deguillame e Luciana che curano tutto, vigna, orto, bestiame. Un esempio vero, non per modo di dire, di km 0. Nato in Francia ma orgogliosamente valdostano, Hervé ha lavorato fino al 1990 nella Marina, poi è voluto tornare nella terra d’origine: si sente valdostano al 100% e quando lo dice gli si illuminano gli occhi. La vigna è la sua passione, tanto da dichiararsi innamorato e follemente geloso dei suoi vigneti. L’accoglienza sarà cauta: con gentilezza vi dirà le poche cose indispensabili. Ma appena avrà compreso che siete veramente interessati a conoscere il suo lavoro diventerà man mano più loquace.
I vigneti sono curatissimi, in fase di conversione biologica, ma Hervé ama specificare che cerca di intervenire il meno possibile: la natura deve fare il suo corso. E lì, la natura è veramente ostica: se piove a Verrayes vuol dire che sta piovendo in tutta la Valle. Tanto per far capire quanta poca acqua arrivi dal cielo. E guardate con attenzione il terreno dei vigneti: timo tutto attorno e un 70-80 cm di terreno bianco, sabbioso e sassoso, e poi sotto la roccia, dura, compatta, impenetrabile. La filosofia che si applica in vigna si ritrova in cantina: pochissimi interventi mirati. L’attenzione è focalizzata sul vitigno principe di questa zona, il muscat di Chambave, prodotto nella versione ferma e secca e in quella suadente del passito. Poi si punta forte sugli autoctoni valdostani. La filosofia è sempre la stessa: nessuna scorciatoia. Il vino nasce in vigna, che “per il valdostano è una malattia, una passione”, chiosa Hervé.