Appena entrati nel territorio valdostano da Point-Saint Martin, nella zona di Donnas, gli spettacolari terrazzamenti raccontano
la coltivazione del Nebbiolo montano, un vitigno quasi distrutto a fine ‘800 dai flagelli parassitari. Dal 1998 Nicco Rolando ha ripreso la coltivazione del Picotendro, sistemando i terrazzamenti rocciosi costruiti con la tecnica del “reggi poggi” e che hanno resistito per secoli ad alluvioni e terremoti. Anche i muretti di contenimento dei ciottoli, il cosiddetto sistemaa “morzere”, permette al vignaiolo di disporre di diverse annate e differenti siti di produzione, una sorta di cru del Picotendro. I boschi di castagni forniscono la legna per la costruzione manuale del pergolo, delle botti e dei tini. Dopo la vendemmia, la vinificazione e l’affinamento in botte, il vino in bottiglia riposa nelle “barme”, grotte-cantine scavate nella roccia del ghiacciaio della Brenva, quella di Rolando sotto un enorme masso erratico. Le operazioni di cantina vengono effettuate di notte come tramandato dagli antenati. Ne esce un Nebbiolo “scolpito nella roccia”. Scrive Ivano Asperti: “Ogni annata ha tratti ben distintivi e chiari l’un dall’altro, così spesso da non riuscire a trovare una continuità gustativa, ma piuttosto sensazioni olfattive che lo delineano come eroica espressione di queste terre. Vino autentico, fiero e fresco, questo ‘fratello montano del Barolo’”.