Breganze è il paese natale della moto Laverda, che poi è anche la marca di una celebre mietitrebbia. L’origine contadina di queste terre vicentine è tutta incarnata nella produzione che Firmino Miotti, con la sua azienda a conduzione familiare, riesce gelosamente a portare avanti. Tradizione che si tramanda di padre in figlio, e che fortunatamente ancor oggi continua a rinnovare la sua luce, splendente per di più. Da quando partì nel 1958 con la moglie Pina, oggi c’è qualcosa di nuovo: il valido ed essenziale aiuto dalla figlia Franca, che dall’inizio del nuovo millennio segue le pratiche di cantina. Ha assecondato e rispettato le scelte del padre di mantenere gli storici vitigni autoctoni dai quali ricava vini unici. Marzemina bianca (detta sampagna), pedevenda, gruajo e il groppello gentile sono il patrimonio che si vuol conservare e far conoscere alle nuove generazioni, nonostante siano a rischio estinzione. Alcuni recuperati e ritrovati, dopo le due fasi principali (l’800 e dopo la Seconda Guerra Mondiale) dell’evoluzione enoica vicentina. L’uva però identificativa del territorio è sicuramente la vespaiola, così chiamata poiché il suo succo è particolarmente amato dalle vespe, di origine ignota ma certamente importato a Breganze dai nobili vicentini all’inizio dell’800 per soddisfare i gusti dei veneziani nei loro soggiorni nelle ville vicentine. Vitigno dal quale si ricava il famoso Torcolato, vino dolce che dalla fine del XIX secolo prende questo nome associato al vino dolce di Breganze. Il nome si pensi derivi dal latino torculum, ossia l’atto di torcere, azione che viene effettuata con uno spago per intrecciare un grappolo (qui rosolo) con l’altro per la fase di appassimento, appendendoli poi alle travi delle soffitte calde e ventilate delle case coloniche breganzesi. Dall’alto dei suoi 5 ettari piantati sul Colle di Santa Lucia, che domina il paese, Firmino, contadino dal cuore grande e dalle spalle grosse, spiega: “A differenza di altri produttori, le nostre passioni più sentite sono la salvaguardia di vecchie varietà e la loro vinifi- cazione in purezza”. Firmino ha goduto anche di estimatori importanti: lo scrittore Virgilio Scapin ne ha fatto il protagonista del libro “I Magnasoete”, mentre Ugo Tognazzi è venuto più di una volta a trovarlo fra i suoi filari. Ed è proprio qui che - instancabile - è di prassi trovarlo, a seguire con una costanza ed una passione davvero ammirevoli, d’altri tempi. Nel libro a lui dedicato, si racconta proprio la vita di Firmino e Pina, la qualità dei prodotti e l’ospitalità tipica dei titolari dell’azienda, che hanno reso questo luogo di lavoro un vivace centro culturale, frequentato da buoni bevitori e personaggi legati alla cultura.